Cambiamenti climatici globali e nel Mediterraneo

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UniversiNet.it – Il cambiamento del clima negli ultimi due-tre decenni è al centro dell’attenzione degli organi di stampa e di conseguenza del grande pubblico. Ci si chiede in quale misura le modulazione di temperatura osservate nel corso dell’ultimo secolo siano da ricondurre all’attività umana. Questa, infatti, può influire, e sta influendo, sul clima variando la composizione dell’atmosfera e, in particolare, immettendo  in atmosfera gas che ne aumentano l’effetto serra. La crescente attenzione accordata dall’opinione pubblica e dai governi ai problemi ambientali, alla “salute” del pianeta e ai cambiamenti climatici ha stimolato anche il dibattito politico-mediatico sul Protocollo di Kyoto (11 dicembre 1997). Nato come una bozza –progetto di lavoro tra  alcuni stati industrializzati, bozza che avrebbe dovuto delineare tempistica e procedure idonee per la realizzazione degli obiettivi di un Trattato sul cambiameto climatico, il Protocollo di Kyoto rispecchiava comunque  le preoccupazioni dei governi promotori, del mondo scientifico e di una parte non trascurabile dell’opinione pubblica – anche sulla scia del dibattito che aveva portato nel 1992, durante lo storico Summit sulla Terra tenutosi a Rio de Janeiro e conclusosi con la firma dell’United Nations Framework on Climate Change – sulla responsabilità di tutti i Paesi e soprattutto dei Paesi industrializzati nella produzione delle emissioni  di gas responsabili dell’effetto serra e del riscaldamento del pianeta. Per trasformarsi in un Trattato internazionale in grado di imporre gli obblighi derivati dal Protocollo si era stabilito che il testo di quest’ ultimo doveva essere ratificato – e di conseguenza messo in pratica – da  non meno di 55 Paesi. Uno dei punti chiavi del Protocollo consiste, come si sa, nell’obbligo per i Paesi industrializzati di ridurre le emissioni di gas serra di almeno 5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo di adempimento tra 2008-2012.

      Come si sa, i propositi del Protocollo di Kyoto sono stati in parte disattesi, anche se molti governi hanno aderito senza riserve  al progetto proposto. Nel 2001, alla Conferenza di Marrakech (settima Conferenza delle parti promotrici), già 40 paesi sottoscrissero il Protocollo. Già nell’estate 2007 avevano ratificato il Protocollo o avevano avviato le procedure di ratifica 174 paesi. Il “processo di Kyoto” ha avuto comunque, per anni, sviluppi altalenanti a causa degli atteggiamenti assunti dai governi di alcuni dei paesi industrializzati grandi produttori di gas serra. Vale per tutti l’esempio degli Stati Uniti, che nel 2001 si sono ritirati dal tavolo dell’accordo con la motivazione che esso avrebbe danneggiato la propria economia a avrebbe in maniera ingiustificata favorito l’economia dei Paesi in via di sviluppo. Va comunque detto che gli _Stati Uniti riversano in atmosfera il 33,6 delle emissioni di gas serra mondiali. La Cina, che conosce un processo fulmineo di industrializzazione innestato su una crescita urbana esplosiva, diventerà tra poco un “fornitore primario” di gas serra, anche se per adesso, non é tenuta a ridurre le emissioni di anidride carbonica nel quadro del presente accordo. Cina, come India ed altri paesi in via di sviluppo sono esonerati dagli obblighi del protocollo di Kyoto perché alla data della sua stesura non erano considerati tra i principali responsabili di gas serra prodotti dalle attività industriali, ai quali vengono attribuite responsabilità maggiori  nel cambiamento climatico.

      Questo é il contesto economico e politico in cui si sono infittiti negli ultimi anni i dibattiti intorno al cambiamento climatico e ai suoi effetti sull’economia, sulla politica internazionale e sul destino delle varie culture e della civiltà planetaria  considerata nel suo insieme, come una grandissima koiné, senza distinzioni riguardanti la cittadinanza, l’etnia,  la religione.

      Nel promuovere la Tavola Rotonda dal titolo indicato sopra, gli organizzatori sono partiti dalla premessa che sarebbe opportuno che alcuni degli scienziati italiani più noti per i loro studi sul clima facessero il punto su ciò che é noto del sistema climatico e su quali problematiche si deve ancora rivolgere la ricerca internazionale per poter essere in sintonia con il desiderio sempre più evidente – e largamente messo in risalto dai media – dell’umanità intera di rapportarsi a tutto il pianeta terra con un immagine più chiara del proprio presente  per poter salvaguardare il futuro della generazione presente e futura.

      La scienza dispone attualmente di una base enorme di dati che permettono agli studiosi di fare il punto sullo stato attuale e di proporre  scenari per il futuro. Alcuni di questi – quelli basati sulle capacita ”collaborative” dell’uomo nel contesto delle evoluzioni climatiche generalmente indipendenti della sua volontà –  sono in palese contrasto con gli scenari catastrofici generatori di allarmismi costruiti senza tener conto realisticamente della “tenuta della Terra” e delle capacità della ragione umana di capire il proprio rapporto con l’ambiente.  

      I partecipanti alla Tavola Rotonda cercheranno quindi di rispondere a una serie di interrogativi,  sul futuro del clima partendo proprio dallo studio dei climi del passato. Da questi emerge chiaramente che la variabilità é stata sempre una caratteristica del clima. Le cause di questa variabilità sono da ricercare sia in fattori di tipo astronomico ed astrofisico, sia in tutti i processi che possono variare il bilancio energetico dell’atmosfera.

      Il fatto che per la prima volta nella sua storia l’Uomo può influire sul clima attraverso processi che cambiano la composizione dell’atmosfera e che questa influenza avviene in un intervallo temporale (un paio di secoli) molto stretto rispetto alle scale delle variazioni climatiche obbliga la scienza a fare una serie di puntualizzazioni sul presente-futuro, basate sulla convergenza tra gli effetti dei processi naturali e quelli, spesso devastanti, promossi dall’uomo e per lo più sempre sul punto di sfuggire al controllo della ragione.

      La scienza della climatologia, come d’altronde molte altre scienze, può rispondere soltanto con un certo grado di approssimazione e solo quando può  basarsi su evidenze sperimentali solide. Poiché sia i dati relativi all’evoluzione delle variazioni  climatiche influenzate da molteplici fattori forzanti che i dati riguardanti la risposta del pianeta Terra alle forzature derivati dalle attività umane e dall’intervento umano sull’ambiente sono continuamente da aggiornare, la Scienza può formulare solo ipotesi sul futuro del clima e relativo impatto sulla vita delle comunità umane, dell’intero pianeta, dell’area del Mediterraneo, dell’ Italia.  Tutto questo non esclude comunque un suo chiaro atteggiamento favorevole all’adozione di misure che limitino i comportamenti che producono sia serie minacce di cambiamenti globali che degrado ambientale, quest’ultimo già ampiamente verificato e sotto gli occhi di tutti.

Redazione Universinet Magazine
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