informazione e guerra: un rapporto difficile

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Pietro Suber, inviato del TG5 in Afghanistan, ci parla del difficile rapporto tra informazione e guerra e del grande problema che pone a chi fa giornalismo: la (irrinunciabile) verifica delle fonti é difficile, quando non addirittura impossibile… Negli ultimi tempi mi é capitato di passare un lungo periodo di tempo – mesi interi – in Afghanistan e poi anche di andare un paio di volte in Iraq.
E lì quello che ho potuto osservare é anche come sta cambiando negli ultimi tempi il rapporto tra informazione e guerra. Credo che sia interessante capire come questo rapporto, che qualcuno ha definito come un po’“incestuoso” sia cambiato negli ultimi tempi.

Dalla guerra in Vietnam si é diffusa quella che é stata chiamata “sindrome del Vietnam”: quasi la convinzione che fosse stata la stampa a far perdere la guerra in Indocina gli Americani, con i reportage dal fronte a contatto con le truppe, sui massacri ma anche sulle perdite degli Americani.
Questo comportò che negli interventi militari successivi gli Americani ci pensarono due volte prima di invitare gli inviati e i cronisti al fronte: non so se lo ricordate, ma durante l’intervento a Panama e a Grenada i giornalisti arrivarono a cosa fatte. Anche questo però comportò poi dei problemi, nel senso che gli stessi esperti militari si accorsero che non era avvenuta quella trasformazione della guerra in guerra giusta che poi é uno degli obiettivi della propaganda militare.
Quindi, se vogliamo proprio dall’intervento successivo – dalla guerra in Kosovo, si introduce un nuovo elemento che qualcuno ha chiamato la nuova teoria del newsmanagement, cioé della gestione delle notizie. Ricorderete che un portavoce della NATO ogni giorno faceva delle conferenze lunghissime raccontando un po’ di tutti gli elementi, dai risultati ai bombardamenti della NATO in Kosovo.

Gestire la notizia signifi -cava in particolare “foraggiare” i giornalisti. Era stato anche coniato uno slogan, “manipolazione attraverso l’inondazione”: cioé tu gli dai una notizia, gliela prepari e loro, contenti, se ne vanno. E’ in pratica quello che si é sviluppato un po’ a partire dalla guerra in Kosovo e poi nella guerra in Afghanistan e in Iraq: il fatto che le fonti diventano sempre di meno, diventano effettivamente una fonte unica e poidiventa quasi impossibile andare a verificare, a controllare queste notizie.

A me é capitato di persona, in particolare in Afghanistan ho passato un lungo periodo prima della cacciata dei Talebani da Kabul nel Nord del Paese con l’Alleanza del Nord: e anche lì, di fatto, le possibilità di andare a verificare le notizie erano non dico nulle, ma sicuramente molto limitate…

NB: questo é soltanto un abstract dell'intervento di Pietro Suber…
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Redazione Universinet Magazine
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