Toni Capuozzo: non chiamatemi inviato di guerra

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UniversiNet.it Toni Capuozzo, giornalista del TG5 e autore e conduttore di Terra, da anni testimone di crisi e conflitti internazionali, ci ha raccontato cosa serve per essere dei buoni inviati di guerra… O meglio: dei bravi cronisti. Perché a lui questa definizione di inviato di guerra proprio non va giù… “C’é una specie di “imprinting della prima volta”, di lezioni che uno si trascina dalla prima volta che si é trovato a fare i conti con una realtà, con un aspetto della vita.
Io ho iniziato per caso […] e, benché abbia anche ricevuto qualche premio come “inviato di guerra” non mi piace proprio questo tentativo di catalogare: quando qualcuno mi dice “sei un inviato di guerra” rispondo “no, neanche per idea”. Quando non si riesce a catalogare il mondo in modo ordinato – perché il mondo é confuso e contraddittorio, si cerca allora di catalogare le professioni e le attività.

Gli “inviati di guerra” mi ricordano quei film in cui c’é il mercante di armi che aspetta con speranza e punta sul prossimo conflitto in Africa perché sarà un’occasione per vendere armi: mi dà l’idea di uno che aspetta in modo quasi melanconico e iettatorio al tempo stesso che ci sia un conflitto dietro l’angolo perché possa abbandonare la redazione, fare la borsa di sempre, raccogliere i suoi pochi strumenti di lavoro e finalmente ritornare alla sua “vera” vita professionale, che é quella dell’inviato di guerra.

Io sono convinto – lo dico a chi di voi avesse l’avventurosa idea di fare questa professione – che per raccontare bene una guerra, uno deve saper raccontare bene quello che ha davanti a sé, davanti a casa sua, nel mercato del suo quartiere; deve saper scovare nella realtà di tutti i giorni – apparentemente anonima, senza spunti, senza passioni, senza grandi tratti da raccontare – individuare, capire, scoprire degli aspetti della realtà che gli altri hanno sotto gli occhi e agli altri sfuggono.

E’ molto facile – lo dico con tutto il rispetto per quello che é il mio stesso lavoro – starsene davanti alla moschea di Baghdad.
Il solo annuncio “ecco ci colleghiamo con Baghdad”, il solo fatto che uno appare con la luce notturna precoce che é data dalla differenza del fuso orario e dietro ha la moschea, meglio ancora se é l’ora della preghiera, se sullo sfondo delle tue parole c’é la voce rauca del muezin…
E’ già fatto, il servizio: c’è un portato di elementi folklorici, c’è un portato di esotismo, c’é un portato di protagonismo indebito e a volte persino sgradevole che deriva dal fatto che “il nostro inviato é sul posto”, é nella città senza legge, senza regola. E la sua sola presenza costituisce un atto di coraggio e una specie di marchio di garanzia, di autenticità e di veridicità.

E’ molto facile. Per arrivare a farlo bene, uno deve saper raccontare i conflitti qualunque, deve saper raccontare come un comune non sopporti più di vedersi sovraccaricatio di rifiuti, come vi siano delle contraddizioni apparentemente irrisolvibili – come ad esempio il fatto che tutti siamo convinti che gli zingari abbiano diritto di vivere tra di noi, però nessuno é felice se il loro vivere si materializza in un campo nomadi proprio nel quartiere nostro; che tutti siamo convinti che i rifiuti vadano organizzati e riciclati con cura e con senso di responsabilità collettiva, ma nessuno é entusiasta di comprare o affittare una casa nei pressi di una gigantesca discarica di rifiuti.

Allora la corsa per raccontare la realtà quotidiana, laddove non é condita dal brivido degli spari, della morte come elemento quotidiano del paesaggio, é una condizione secondo me irrinunciabile per saper raccontare bene una guerra.
Perché? Perché la guerra é spesso la precipitazione di quanto già contenuto nella vita quotidiana. Semplicemente, in guerra gli uomini e le parti, le diverse uniformi e i diversi gruppi danno il meglio e il peggio di sé; e il meglio ed il peggio delle persone viene in qualche modo rivelato, eccitato,sottolineato.

NB: questo é solo un abstract dell’intervento di Tony Capuozzo…
LEGGI TUTTO >> VAI ALLO SPECIALE WARPRESS – INVIATI DI GUERRA >>

Redazione Universinet Magazine
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