Girolamo Panzetta: l’italiano più famoso in Giappone vende il riso Bio ai Giapponesi

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Tokyo – Vendere riso ai giapponesi è come vendere ghiaccio agli esquimesi. Ma nulla può fermare l’italiano più famoso in Giappone, conosciuto da tutti come “Jiro,” Girolamo Panzetta. Nato vicino Avellino e cresciuto a Napoli, Panzetta è arrivato a Tokyo con un amico per scrivere una tesi sull’architettura giapponese. Da allora, è diventato uno scrittore e conduttore TV di successo per oltre trent’anni, apparendo su tutte le principali reti televisive giapponesi. Testimonial dei più importanti brand di lusso e moda, ha ora avviato una startup per coltivare riso biologico con tecniche sostenibili sulle antiche terre dei samurai ed aiutare i ragazzi degli orfanotrofi giapponesi. Attualmente, ci sono circa 39.000 bambini in orfanotrofi o istituti simili in tutto il Giappone, molti dei quali sono figli di donne sole, divorziate o prostitute, che in Giappone ancora scontano un forte disagio ed emarginazione sociale o provengono da situazioni di abbandono.

Lo incontriamo a pranzo a Tokyo, elegante e sportivo, la cifra stilistica che lo ha reso un mito tra generazioni di giapponesi. Entusiasta e appassionato ci racconta subito del suo innovativo e complesso progetto. Un’impresa apparentemente folle: un italiano che coltiva riso bio in Giappone, la patria del riso!

Renato Reggiani (RR): Jiro, ti sei sempre occupato di moda, costume e lusso, sei direttore creativo di una famosa rivista “LEÓN” di moda e costume qui a Tokyo da quasi vent’anni. Puoi raccontarci come è nata l’idea di questo progetto di iniziare a produrre riso biologico in Giappone nelle terre dei Samurai?

Girolamo “Jiro” Panzetta (JP): Dopo oltre trent’anni nel mondo dello spettacolo e della moda, ho sentito il bisogno di dare un contributo concreto alla mia seconda patria, il Giappone. L’idea è nata dalla consapevolezza dei problemi demografici dei piccoli villaggi rurali, dove i contadini invecchiano senza eredi, e dal desiderio di preservare le antiche tradizioni agricole, unendo le mie radici italiane con l’amore per il Giappone. Ma soprattutto, ho visto la possibilità di offrire un futuro ai ragazzi orfani, spesso lasciati senza sostegno una volta usciti dagli orfanotrofi.

RR: Qual è il focus del tuo progetto e come si collega alla storia e alla cultura giapponese?

JP: Il nostro focus è il riso “Fukunowarai” (福の笑い), una varietà coltivata nel nord della Prefettura di Fukushima. La storia di Aizu-Wakamatsu, la città che ospita i nostri campi sperimentali, è strettamente legata a quella dei samurai, come raccontato nel film “L’ultimo Samurai,” la cui battaglia finale si svolse proprio su queste terre. Vogliamo rinvigorire queste aree sostenendo gli ultimi agricoltori rimasti e creando una comunità di giovani, in particolare ragazzi orfani, che possano prendersi cura della terra e coltivare riso biologico da destinare a una filiera di distribuzione in tutto il Giappone.

RR: Com’è la vita in questi piccoli villaggi del Giappone rurale e come prevedete di intervenire?

JP: Molti di questi villaggi stanno vivendo un lento declino demografico. Il nostro obiettivo è riportarli in vita, restaurando case abbandonate per accogliere i giovani e i bambini orfani. Ciò creerà un circolo virtuoso di vita e lavoro che speriamo possa espandersi in tutto il Giappone. Spesso le ragazze madri sono costrette a lasciare i propri bambini negli orfanotrofi, soprattutto nelle zone interne e rurali, ma anche nelle grandi città. Il mio obiettivo è creare un percorso virtuoso che permetta di recuperare le tante case abbandonate nelle campagne nipponiche, dare una casa ai ragazzi orfani e, se lo vorranno, insegnare loro il mestiere di contadino, inserendoli lavorativamente nel progetto della coltivazione del riso biologico, una vera novità per il mercato giapponese, ma già diffusa in Italia e in Europa.

RR: Parlaci della tecnologia innovativa che stai utilizzando nel processo di coltivazione e del Robot che mi hai mostrato?

JP: Abbiamo introdotto l’uso del robot “Aigamo,” sviluppato da un giovane ingegnere nostro collaboratore. Il nome deriva dalla antica tecnica di usare anatre e i loro piccoli allevati nelle risaie per ridurre erbacce e insetti, sostituiti ora da un drone robotico galleggiante che, muovendosi autonomamente nei campi di riso grazie ai sensori di cui è dotato, impedisce la crescita delle erbacce senza l’uso di pesticidi e riduce la proliferazione degli insetti nocivi e delle zanzare. Questo metodo rispetta l’ambiente, innovando la tradizione giapponese della coltivazione del riso in modo sostenibile.

RR: Qual è il tuo obiettivo a lungo termine con questo progetto e quale è il segreto del tuo successo in Giappone?

JP: In un’epoca dove il lusso si misura sempre più nella qualità della vita e nella sostenibilità, il nostro progetto vorrebbe offrire una prospettiva concreta anche ai giovani. Quest’anno siamo al secondo raccolto e la resa è già notevolmente aumentata. Il nostro obiettivo è di creare una nuova generazione di agricoltori, in grado di coniugare rispetto per la natura e innovazione tecnologica. Vorrei che questa iniziativa fosse un modello replicabile in altre parti del Giappone e, perché no, del mondo. Il mio segreto, se ne esiste uno, è quello di non essermi mai arreso. Fondamentale è la stretta collaborazione con mia moglie Kikuko (K. Yazawa, autrice ed ex modella), che mi ha aiutato a capire e a parlare ai giapponesi come se fossi uno di loro.

“Jiro” non è solo un italiano divenuto famoso in Giappone, ma un innovatore e sognatore che ci mostra con entusiasmo come il progresso possa camminare a braccetto con la tradizione, migliorando la nostra vita e guidandoci verso un futuro più sostenibile.

Attraverso la coltivazione del riso biologico con tecniche sostenibili nelle terre storiche dei samurai, Panzetta non solo mira a preservare le antiche tradizioni agricole giapponesi, ma anche a offrire un futuro migliore ai ragazzi orfani, integrandoli in una comunità lavorativa e formativa. Creare un ponte tra le generazioni, tra le città giapponesi e la campagna sempre più spopolate, portando alla rinascita dei villaggi rurali giapponesi e offrendo anche un’opportunità concreta di riscatto a chi, altrimenti, sarebbe abbandonato a un destino incerto. Questo è il progetto dell’italiano più famoso in Giappone.

Renato Reggiani
Renato Reggiani
Romano, giornalista, esperto di comunicazione ecosostenibile, designer. Ho il cuore diviso tra l’Italia e l’Oriente dove ho studiato e lavorato a Dubai, ora copro l'area sud Pacifico, mi divido tra Dubai, Tokyo e Seul, ho studiato a Rotterdam con il programma Erasmus per imprenditori. Ho collaborato con giornali, agenzie e tv. Ho depositato due brevetti per migliorare la sostenibilità green delle nostre città. Ho fondato l’Associazione Frontiere della Comunicazione per insegnare il cinese e l'inglese ai bambini delle scuole elementari italiane. Fulminato sulla via di San Francisco dalla Maker Faire, ho collaborato e curato l’area agricoltura digitale per 2 edizioni. Ho collaborato con la facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma e il Politecnico di Milano facoltà di Architettura a Piacenza. Premiato a Copenaghen per la Corporate Social Responsibility, non ho ancora visto la sirenetta. Cambiare il mondo si può, un articolo alla volta.

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